In questa coraggiosa pronuncia della Corte d’Appello di Firenze, su un tema estremamente delicato e fino ad oggi poco considerato dalla Giurisprudenza, è stata confermata la decisione del Tribunale di Pisa che aveva rilevato il carattere discriminatorio della condotta del datore di lavoro, in quanto aveva trasferito e poi demansionato il lavoratore a seguito dell’iscrizione di quest’ultimo ad un sindacato.
La Corte d’Appello ha fondato il proprio convincimento, tra gli altri, su due colloqui intercorsi tra il Vicedirettore della Banca e il lavoratore, il cui fine era quello di disincentivare l’iscrizione del lavoratore al sindacato ricorrendo a minacce di ripercussioni sulla sua carriera, come è poi effettivamente avvenuto. Tali condotte, ritenute “già di per sé particolarmente gravi e reiterate” , unite al successivo trasferimento e demansionamento del lavoratore, hanno fatto sì che il Giudice di merito riconoscesse al lavoratore il diritto al risarcimento del danno patito.