Archivio mensile 28 Settembre 2022

DiStudio Berti Bagnasco

L’eccessiva genericità della contestazione disciplinare può portare alla reintegra del lavoratore licenziato

Con la sentenza in oggetto, la Corte d’Appello di Torino ha disposto la reintegra di un impiegato bancario, assistito dagli Avvocati dello Studio, che era stato licenziato per giusta causa, poiché, così ha rilevato la Corte, la contestazione disciplinare che ha preceduto il licenziamento era talmente generica da non consentire al lavoratore di presentare le proprie giustificazioni, provocando, così, un’irreparabile lesione del diritto di difesa.

La Corte d’Appello, nell’emettere tale provvedimento, ha ripreso le parole della Corte di Cassazione (sentenza n. 4879/2020), affermando che “il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, richiamata dal comma 6 del predetto articolo per il caso di difetto assoluto di giustificazione del provvedimento espulsivo, tale dovendosi ritenere un licenziamento disciplinare adottato senza alcuna contestazione di addebito.”

 

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DiStudio Berti Bagnasco

Sentenza storica della Corte d’Appello di Firenze: il lavoratore che viene discriminato in ragione della propria iscrizione ad un sindacato ha diritto ad essere risarcito del danno patito

In questa coraggiosa pronuncia della Corte d’Appello di Firenze, su un tema estremamente delicato e fino ad oggi poco considerato dalla Giurisprudenza,  è stata confermata la decisione del Tribunale di Pisa che aveva rilevato il carattere discriminatorio della condotta del datore di lavoro, in quanto aveva trasferito e poi demansionato il lavoratore a seguito dell’iscrizione di quest’ultimo ad un sindacato.

La Corte d’Appello ha fondato il proprio convincimento, tra gli altri, su due colloqui intercorsi tra il Vicedirettore della Banca e il lavoratore, il cui fine era quello di disincentivare l’iscrizione del lavoratore al sindacato ricorrendo a minacce di ripercussioni sulla sua carriera, come è poi effettivamente avvenuto. Tali condotte, ritenute “già di per sé particolarmente gravi e reiterate” , unite al successivo trasferimento e demansionamento del lavoratore, hanno fatto sì che il Giudice di merito riconoscesse al lavoratore il diritto al risarcimento del danno patito.

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